Sapori dal Mare

Coronavirus, Coldiretti: gli italiani non rinunciano ai dolci di pasqua

Coronavirus, Coldiretti: gli italiani non rinunciano ai dolci di pasqua

Con gli italiani “costretti tra le mura domestiche dall’emergenza coronavirus, in più della metà delle famiglie (53%) si preparano in casa i dolci tipici della Pasqua nel rispetto delle tradizioni locali”.

Quasto è quanto emerso dall’indagine Coldiretti/Ixè presentata in occasione della riapertura del mercato degli agricoltori di Campagna Amica a Roma in via Tiburtina 695, in vista delle prossime “feste blindate degli italiani”, e presentata “con la prima sfilata dei dolci regionali di Pasqua e le lezioni degli agrichef per aiutare gli italiani a restare a casa senza rinunciare alla buona tavola”.

La “necessità ” di passare il tempo fra le mura domestiche “ha spinto al ritorno della cucina casalinga fai da te con la riscoperta di ricette e i dolci della tradizione. La preparazione casalinga dei dolci e dei piatti tradizionali delle feste- continua la Coldiretti– è una attività tornata a essere gratificante per uomini e donne all’interno delle mura domestiche anche come antidoto alle tensioni e allo stress provocate dalla pandemia.

Per quanti colgono l’opportunità di stare tra le mura domestiche per cucinare, gli agrichef, i cuochi contadini di Terranostra, hanno creato una serie di tutorial e corsi online dove vengono spiegati trucchi e segreti della tradizione contadina. E per garantire il rispetto della tradizione a tavola, gli agricoltori si sono organizzati in tutta Italia nei mercati e nelle fattorie anche con la consegna a domicilio dei prodotti tipici e di qualità del territorio (www.campagnamica.it)”

Nelle ultime cinque settimane, spiega la Coldiretti, “gli italiani hanno riempito i carrelli quasi raddoppiando gli acquisti di farina (+100%) e lievito di birra (+73%), ma l’aumento è stato del 43% per lo zucchero e del 40% per le uova che sono quest’anno le vere star della settimana della cucina delle feste a fronte di un crollo del 30-40% per quelle confezionate al cioccolato”.

Una tendenza che “si accentua con l’avvicinarsi della Settimana Santa durante la quale saranno ben oltre 400 milioni le uova ‘ruspantì consumate secondo tradizione sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o utilizzate in ricette tradizionali o in prodotti industriali e artigianali.

Nelle case le uova sono una componente fondamentale nella maggioranza dei dolci tipici regionali, usate come ingrediente ma anche come decorazione”.

Se in Abruzzo “ci sono gli scenografici cavalli e pupe, biscotti a base di pasta frolla arricchita con un uovo sodo, in Basilicata troviamo le pannarelle, che sono delle preparazioni pasquali spesso a forma di treccia o cuore chiuse a cerchio con un uovo al centro per evocare l’idea di un cestino pieno di dolci per i bambini.

In Calabria ci sono i cuculi, tipici dolci pasquali fatti con una pasta di pane piuttosto zuccherata, aggiungendo qualche goccia di anice e di scorza di limone per dargli una caratteristica nota di sapore”.

In Campania “non può mancare sulle tavole pasquali la pastiera e i quaresimali caratterizzati da una grande quantità di mandorle all’interno dell’impasto.

Dall’Emilia arriva il Bensò ne che è tra i più antichi dolci prodotti nel territorio di Modena dalla forma ovalizzata, con la farcitura di marmellata di prugne e amarene”.

Il nome di questo dolce, spiega ancora la Coldiretti, deriva da ‘pane di benedizione’, quando in occasione del sabato santo era tradizione far benedire il dolce in chiesa per poi essere gustato nella tradizionale colazione di Pasqua inzuppato nel latte.

E, sempre dall’Emilia, ecco la colomba di Pavullo, borgo dell’Appennino emiliano, una golosa torta di origine contadina, formata da quattro sfoglie di pasta lievitata e farcita con il Savòr, una composta di mosto cotto d’uva e frutta, pinoli e uvetta passolina”.

Il Friuli “regala invece la pinza, un dolce di antica tradizione che si presenta come una pagnotta arrotondata sulla quale viene incisa una croce a simboleggiare il martirio di cristo.

La sue origini sono antichissime e la preparazione è tramandata da secoli tanto tanto che si narra che perfino i romani abbiano avuto modo di assaggiarla”.

E dalla pinza friulana si passa alla pizza dolce del Lazio tipica di Roma, “un dolce a forma di panettone molto profumato e molto gustoso mentre la Pigna di Pasqua è tipica della Ciociaria ricco di uvetta, canditi, vaniglia, cannella, anice e chi più ne ha più ne metta, si distingue per una preparazione ed un gusto particolari, con gli aromi ed i profumi dei canditi all’arancia e al limone e un accenno di liquore”, continua la Coldiretti.

E se in Liguria “troviamo i canestrelli pasquali, cestini intrecciati di pasta frolla, con al centro o sui bordi delle uova talvolta colorate, dalla Lombardia arriva la classica colomba di Pasqua a base di farina, burro, uova, zucchero e buccia d’arancia candita, con una glassatura alle mandorle e nelle Marche non si può rinunciare alle ciambelle pasquali, squisiti biscotti preparati secondo una ricetta antica e perfezionata dalle cosiddette ‘vergarè le donne di casa marchigiane che iniziano ad impastare le ciambelle il Venerdì Santo per farle riposare e poi cuocerle il giorno di Pasqua”.

In Molise, tradizionalmente, per Pasqua, si prepara la pigna, che è “una sorta di ciambella a base di farina e uova.

Questo dolce, in alcune zone, veniva regalato dalla futura sposa al fidanzato al fine di ricambiare l’omaggio di un agnello donato in genere nel corso del pomeriggio di sabato santo.

In Piemonte- spiega ancora la Coldiretti- invece abbiamo lo squisito salame del Papa, un goloso salame di cioccolato e i tirà minuscole pagnottelle che i bambini intingono volentieri nel latte ed i grandi in un vino dolce.

In Puglia immancabili sono le scarcelle biscotti di frolla con zucchero, farina, uova, olio, scorza di limone, talvolta latte. In Sardegna troviamo le Pardulas a base di formaggio o ricotta e l’Aranzada nugoresa finissimi fili di buccia d’arancia cotti lentamente nel miele e arricchiti da filetti di mandorle tostate”.

In Toscana invece abbiamo la Schiacciata Pisana, un pane dolce dall’inconfondibile aroma di anice che viene accompagnato dal vin santo, è tipica della zona di Pisa e Livorno, ma è diffusa in tutta la regione ed è chiamata con nomi differenti, tra cui sportellina e ‘stiacciatà dall’azione dello ‘stiacciarè ovvero aprire le uova, ingrediente presente in grande quantità nel dolce.

In Trentino Alto Adige troviamo la corona pasquale, una treccia dolce lievitata e anche il fochaz-osterbrot, un pane dolce piatto di farina di grano, generalmente a forma di coniglietto”, continua la Coldiretti.

In Umbria invece abbiamo la Ciaramicola, “un dolce tipico di Pasqua con alchermes, meringa e zuccherini colorati. Il bianco e il rosso richiamano i colori di Perugia, città che ha dato i natali a questo dolce tipico pasquale.

I rigonfiamenti e gli avvallamenti di questa torta richiamano i vari quartieri della città di Perugia.

In Val d’Aosta, in occasione della festività la tradizione prevedeva la preparazione della flantse o flantson, pani di segale appiattiti, di solito a forma rotonda, a cui si aggiungevano un pò di zucchero, magari un pò di burro, uvetta, mandorle e canditi per rendere ancora più speciale il regalo.

In Veneto invece il dolce della tradizione contadina si chiama fugassa e vanta origini molto antiche”. La tradizione racconta, continua la Coldiretti, “che la focaccia veneta fu ideata da un fornaio trevigiano che in occasione della Pasqua aggiunse all’impasto del pane altri ingredienti, come uova, burro e zucchero, tutto in quantità moderata dati i costi, ottenendo così un pane soffice e dolce, da regalare ai suoi clienti. In Sicilia troviamo la cuddura cu l’ova, che è un impasto dolce, simile ad una pasta frolla, che contiene uova sode intere, impasto che viene poi decorato con zuccherini colorati, cotto in forno e, a volte, completato successivamente con glassa bianca”.

Anticamente la cuddura veniva considerato “un dolce povero per la semplicità degli ingredienti usati, ma con il passare degli anni questa tradizione è andata diffondendosi un pò su tutte le tavole.

Le forme possono essere diverse a seconda di chi le prepara per esempio le fidanzate la impastavano a forma di cuore per il loro promesso sposo, oppure si modellava a campana per simboleggiare lo scampanio festoso del giorno di Pasqua o ancora a cestino per augurare abbondanza”, conclude la Coldiretti.

Leggi anche

Vini: Compie 13 anni il Raboso 917 Foglia Oro Colderove

Fabio Iacolare

Liguria, l’autunno del finalese: un trionfo di profumi e sapori antichi

Fabio Iacolare

L’iniziativa solidale per la spesa a domicilio ai tempi del Covid

Fabio Iacolare

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.