Pesca vietata in zona rossa, ma negozi aperti: oltre al danno, anche la beffa per le attività commerciali che vendono articoli per la pesca sportiva e che esercitano nelle regioni classificate come rosse (ma anche nelle arancioni) per l’emergenza Covid-19. E le proteste, dalla Lombardia alla Puglia, passando per la Toscana, in queste ore dilagano.
Secondo il DPCM 3 novembre, le attività di pesca sportiva sono da considerarsi sospese nei territori regionali che rientrano nello scenario 4 – quelle “rosse” col più alto rischio epidemiologico da coronavirus – mentre invece in quelle arancioni sono vietate se prevedono spostamenti da un comune all’altro. Stop alle attività di pesca, ma non a quelle commerciali: per i commercianti che operano nel settore della vendita al dettaglio, infatti, non sono previsti indennizzi.
Il motivo è da ricercare nella mancanza del Codice Ateco di tali attività nel recente decreto Ristori: in pratica, i negozi possono rimanere aperti, senza però di fatto vendere perché le attività di pesca sono bloccate. Guadagni: zero. Rabbia, tanta. Soluzioni, al momento, nessuna all’orizzonte.
Pesca sospesa in zona rossa: il pasticcio del Decreto Ristori
Tempi bui per i negozi di pesca in zona rossa. Gli esercenti specializzati per gli articoli per la pesca sportiva rimangono aperti, ma nelle regioni rosse e, in alcuni casi, anche in quelle arancioni, la pesca è vietata. Un gran pasticcio che per settimane ha portato a errori di interpretazione delle disposizioni del DPCM, cui è dovuto intervenire il Ministero delle Politiche Agricole per fare chiarezza.
La pesca, anche quella intesa come attività sportiva, è sospesa, nonostante l’erronea valutazione iniziale di FIPSAS, che prevedeva il via libera per quella sportiva nei pressi delle abitazioni (per intenderci, fiumi, spiagge o laghetti sotto casa). La differenza sta nella distinzione tra attività sportiva (quella della pesca) e quella motoria (ovvero jogging, stretching ecc.): nelle zone rosse, la pesca sportiva è vietata fino al prossimo 3 dicembre, data in cui saranno nuovamente valutati i dati sull’andamento dell’epidemia da Covid-19 forniti da Cts e Iss.
I negozi in zona rossa aperti senza lavorare. E in quelle arancioni?
E nelle zone arancioni, invece? Il Dpcm chiarisce: “È possibile praticare l’attività venatoria o la pesca dilettantistica o sportiva”, ma “solo nell’ambito del proprio Comune”. E gli spostamenti da un comune all’altro sono previsti soltanto per esigenze primarie, appellandosi alla lettera b) comma 4 dell’Art. 2 del DPCM 3 novembre, ovvero “per svolgere attività e usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale Comune”.
Cosa succede, nelle zone arancioni? Semplice: chi ha un’attività di vendita di articoli per la pesca sportiva in un comune dove non vi è presenza di mare, laghi o fiumi (è il caso dell’entroterra Foggiano, ma anche Lombardo e della Campania) resta aperto, ma senza guadagnare un centesimo.
In questo scenario di divieti, intanto, dove i negozi da pesca in zona rossa restano aperti senza vedere il becco di un quattrino, iniziano ad aumentare le segnalazioni di pesca abusiva. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato registrato a Pescara: la sezione della guardia civile ambientale ha effettuato, dal 13 al 22 novembre, una serie di controlli a tappeto lungo il fiume Pescara, per contrastare il bracconaggio illegale della fauna ittica, elevando 8 sanzioni amministrative e sequestrando diverse canne da pesca e nasse. Gruppi organizzati dediti alla pesca illegale di cefali, anguille e capitoni, sono stati sanzionati. L’attività di pesca, oltre ad essere illegale, era in piena violazione del Dpcm del 3 novembre, perché l’Abruzzo è zona rossa e dunque la pesca è vietata.
Redazione di Non solo Nautica, la rivista online sulla nautica e sul mare a cura di Davide Gambardella.