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I microbi del fondale marino trasformano i relitti in scogliere artificiali

microbi fondale marino

I microbi che abitano il fondale marino e ricoprono i relitti delle imbarcazioni affondate circondano queste strutture e contribuiscono a trasformarle in scogliere artificiali ricche di vita.

Questo è quanto emerge da uno studio, presentato all’Ocean Sciences Meeting di San Diego e condotto dai ricercatori dell’Università del Mississippi, che hanno analizzato il comportamento dei microbi e di piccole forme di vita che trovano riparo tra l’acciaio e il legno dei relitti abbandonati.

Microbi del fondale marino: “Rivestono superfici con una specie di biofilm”

“Gli animali macroscopici che abitano le imbarcazioni affondate sono lì solo grazie a forme di vita molto più piccole, perché i microbi rivestono le superfici con una specie di biofilm, uno strato appiccicoso che funziona da richiamo chimico e fisico per creature più grandi, come cirripedi e coralli”, afferma Leila Hamdan, ecologa microbica marina dell’Università del Mississippi che sta studiando l’impatto dei microbi del fondale marino sui relitti.

Il suo team sta studiando come i relitti sul fondo dell’oceano possano influenzare le comunità microbiche. Dal 2018 la ricercatrice raccoglie campioni e analizza il comportamento e la presenza delle varie specie marine.

“Sorprendente biodiversità vicino ai relitti”

“Abbiamo rilevato una sorprendente biodiversità di microbi a una distanza di 50-100 metri dai relitti, ma non solo. Abbiamo dimostrato che il microbioma del fondo marino varia con la distanza dall’imbarcazione: vicino ai velieri di legno ci sono batteri che degradano la cellulosa e l’emicellulosa, componenti principali del legno. Il che suggerisce che probabilmente si stiano cibando dell’oggetto”, spiega Justyna Hampel, docente di Biogeochimica presso l’Università del Mississippi, mostrando i dati sullo studio del ruolo che giocano i microbi fondale marino.

“Non sappiamo se questi microbi siano stati trasportati sul fondo del mare o se fossero lì da sempre, in attesa che le condizioni divenissero favorevoli al loro sviluppo. Certo è che l’assenza di luce e di energia a quelle profondità non contribuisce allo sviluppo della vita batterica per come la conosciamo”, precisa Hamdan, spiegando che esiste una teoria secondo la quale “tutto è ovunque, ma è l’ambiente che seleziona”, che potrebbe avallare l’ipotesi della fioritura post-affondamento.

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Il team sta ora analizzando i microbi per cercare di dedurre la loro provenienza, e spera di poter analizzare altri relitti. “Ci sono molte possibilità: nel Golfo del Messico ci sono più di 2.000 imbarcazioni sul fondo del mare. Dobbiamo assolutamente studiare diversi siti”, conclude Hamdan.

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