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Economia del mare, danni del Covid-19: 125 miliardi di fatturato in meno

Economia del mare, danni del Covid-19: 125 miliardi di fatturato in meno

Dai 120 ai 125 miliardi di euro, questa è la proiezione sul valore dei danni causati dal Covid-19 che subirà in Italia l’Economia del mare , ovvero tutto ciò che nell’industria, nei servizi, nella logistica, nell’artigianato, nel turismo è riconducibile al fattore mare.

E del conto non fanno parte gli interrogativi che riguardano il portafoglio ordini di Fincantieri, 46 navi da crociera i cui contratti sono – come confermato dall’industria cantieristica italiana – oggetto di discussione, nonché l’economia delle isole maggiori e minori che rischiano di pagare il prezzo più salato in termini di mancati introiti turistici.

Sono queste le indicazioni che scaturiscono dalla prima elaborazione effettuata sui dati diffusi da 25 differenti associazioni imprenditoriali e da istituzioni relative alle conseguenze dell’emergenza virus sul fatturato 2020 dell’intera economia marittima.

Economia del mare, BlueMonitorLab  si candida ad essere una voce

Lo studio di base è in fase di elaborazione da parte di BlueMonitorLab, che si candida ad essere una voce libera sulla Blue Economy, diventando da un lato un recettore di dati anche internazionali sul settore, focalizzando l’attenzione sui fenomeni in atto e candidandosi a svolgere un ruolo di “fonte” privilegiata di informazione per i media e la pubblica opinione, aggregando dati e rendendoli fruibili e comprensibili anche per i non addetti ai lavori.

Il Centro Studi BlueMonitorLab, che è in grado di anticipare i primi dati, ruota oggi su un ristretto numero di ricercatori e collaboratori, fa perno su un Comitato promotore di esperti e opinion maker presieduto dal professor Giulio Sapelli, economista, esperto di geopolitica e docente alla Statale di Milano, annovera già la presenza di Gian Enzo Duci, presidente degli agenti marittimi italiani e docente, di Francesco Parola, docente esperto di economia dei trasporti, Ettore Pollicardo, presidente del Gruppo Bureau Veritas Italia, Alessandro Laghezza, imprenditore innovativo nel comparto della logistica, Lorenzo Pollicardo, massimo esperto italiano di nautica e Diego Paltrinieri maggiore studioso italiano in tema di erosione dei litorali; ed è coordinato da Bruno Dardani, già inviato del Sole24Ore.

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Il Centro Studi sul’Economia del mare è parte integrante di un programma più ampio di presenza e di servizio nel settore della Blue Economy finalizzato a fare emergere questo settore come una delle principali chiavi di lettura, forse quella strategicamente più importante, per lo sviluppo del Sistema Italia.

Dopo una elaborazione di un modello operativo protrattasi per alcuni mesi, BlueMonitorLab conta oggi su un primo nucleo funzionale di aziende e soggetti finanziari di sostegno dell’Economia del mare, fra cui il gruppo dell’high-tech Trieste Valley, e il manager prof. Giuseppe Razza, che stanno supportando la fase di start up dell’iniziativa.

Il primo preventivo danni sull’economia del mare è – come detto – frutto di un’aggregazione di dati che stanno scaturendo dai differenti comparti operativi.

Nel tradizionale cluster marittimo la classifica dei danni a causa di un vero e proprio azzeramento del fatturato è capeggiata dalle crociere che a fronte di una previsione di 13 milioni e mezzo di passeggeri, hanno già confermato nel primo semestre la perdita di 6 milioni 886 passeggeri, e la cancellazione di 2709 scali nei porti italiani, ma difficilmente secondo gli esperti del settore il comparto potrà fornire segni di ripresa nella seconda parte dell’anno.

Solo a titolo di esempio, è sufficiente sottolineare che la spesa media di ogni passeggero nei porti in cui la nave si ferma è quantificata in 90/100 euro pro capite. L’impatto negativo sulle crociere dovrebbe risultare a fine anno pari a oltre 3 miliardi di euro.

Nel settore turistico (che per circa il 70% è in Italia turismo di mare), l’ipotesi a fine anno sarà di una perdita netta di fatturato fra i 55 e i 60 miliardi, con impatto sull’industria alberghiera, sulla ristorazione ma anche sugli stabilimenti balneari che “occupano” il 36% del litorale italiano pari a 8670 chilometri. Il turismo blu rappresenta, secondo le ultime proiezioni, il 9% del Pil nazionale.

Azzerata sino a oggi anche la nautica da diporto, con porti deserti e con zero prenotazioni per il charter di grandi imbarcazioni da diporto e yacht, e con la speranza che luglio e parte di agosto possano consentire di salvare parte della stagione.

Pesanti le conseguenze sui porti commerciali, che stanno perdendo (con le sole eccezioni di Gioia Tauro e Trieste) dal 20 al 30% del traffico anche nel settore dei container.

Al crack fino a 120-125 miliardi contribuiscono le conseguenze sulla pesca, che nel primo semestre ha segnato un crollo dell’80%, quantificabile in 1,5 miliardi di euro, ma anche l’abbattimento di tutte le attività di intrattenimento, l’artigianato e la moda legati al mare (che per ora registrano lo spostamento in avanti di almeno tre mesi nella stagione dello shopping), la gestione dei parchi marini e degli acquari.

Sull’industria cantieristica incombe il rischio crociere e quindi le capacità delle grandi compagnie del settore di riprendere l’attività almeno nella primavera 2021 con incidenza tutta da valutare sui contratti e le opzioni in essere per la costruzione delle 46 nuove navi da crociera che sono nell’ order book di Fincantieri.

Impossibile a oggi formulare una previsione sui danni e sull’effetto recessivo che si abbatterà sull’economia delle isole maggiori (Sicilia e Sardegna) e minori, nonché di riflesso sull’attività dei traghetti che sino a oggi hanno registrato un abbattimento dell’attività di trasporto, e che anche nella seconda parte della stagione si troveranno ad affrontare costi di gestione invariati con una contrazione inevitabile e già certa del fatturato determinata dalle norme sulla prevenzione del contagio che costringeranno le navi a viaggiare a circa il 60% della loro capacità di trasporto.

Quando in Italia si parla di Blue Economy si pensa sostanzialmente ai porti e alle navi che trasportano merci e passeggeri. In altre parole si focalizza l’attenzione sul cosiddetto cluster marittimo che rappresenta dal 3 al 4% del Pil nazionale.

Ma la Blue Economy, nella dizione prevalente di altri paesi che in teoria dovrebbero essere meno sensibili dell’Italia a queste tematiche, è ben altro: è un settore esteso che comprende tutto il turismo “marino” che in Italia rappresenta circa il 70% del totale flusso turistico del Paese con ricadute dirette sull’industria dell’ospitalità, sulla ristorazione e sulla gestione delle spiagge, assorbe tematiche relative alla difesa del patrimonio ambientale ed economico dei litorali marini, le biotecnologie marine, l’energia prodotta con high tech blue; riguarda tutte le attività industriali direttamente connesse con il mare, in primis l’industria cantieristica; assorbe anche le tematiche relative alla difesa o a fenomeni considerati sempre in modo avulso dalla realtà complessiva del Blue scenario, come l’immigrazione o il cambiamento in atto degli equilibri geopolitici in Mediterraneo.

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Di qui la scelta strategica di BlueMonitorLab di puntare per la prima volta su una visione sinergica dell’intera Blue Economy italiana, favorendo anche un’informazione trasversale.

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