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Dossier di Legambiente: più stabilimenti sostenibili, ma poche spiagge libere

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Aumentano in Italia gli stabilimenti sostenibili e di qualità: dalle spiagge plastic free, a quelle con pannelli solari, passando per la salvaguardia delle dune, ai prodotti a km zero, e agli stabilimenti che incentivano la mobilità green. A rilevarlo è il dossier Spiagge 2021 di Legambiente che però denuncia anche la riduzione delle spiagge libere.

Tra le new entry di quest’anno tra gli stabilimenti sostenibili dal punto di vista ambientale troviamo Bagno Giulia 85 – Riccione, il primo stabilimento entrato a far parte del progetto provinciale sul turismo sostenibile Agenda 21, e la Spiaggia Tamerici-Cesenatico, un arenile rinaturalizzato libero dove, a differenza delle altre spiagge libere, l’ombrellone non lo devi portare perché l’ombra è disponibile, naturale, gratuita grazie agli ombrelloni di tamerice. La spiaggia è accessibile anche a persone con ridotta capacità motoria e anche i servizi essenziali come le cabine spogliatoio e le docce sono state realizzate con pali di castagno privi di corteccia e l’acqua tiepida è garantita da un sistema di tubi interrati, per sfruttare il surriscaldamento del suolo.




Tra gli esempi virtuosi per contrastare l’erosione costiera troviamo Bergeggi (Savona): la spiaggia delle Sirene è rinata dopo l’intervento di ripascimento del 1992; mentre a Vallecrosia (Imperia), grazie a finanziamenti ottenuti nel 2004, sono stati utilizzati 300mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone con l’ottimo risultato di rendere inutili i pennelli e creare una spiaggia di 60-70 metri già nel 2006.

In Sardegna il comune di Posada ha intrapreso una scelta di pianificazione e gestione delle trasformazioni del territorio, in particolare a Monte Orvile, che si è dimostrata all’avanguardia per la messa in sicurezza del territorio dalla speculazione edilizia e da fenomeni di dissesto idrogeologico. Altra buona pratica di gestione arriva da Gallipoli dove sono state utilizzate palizzate in castagno come struttura di difesa dall’erosione marina e accumulo del trasposto eolico per il ripascimento spontaneo del piede dunale, e graticciate sui versanti per la stabilizzazione del sedimento, previsto anche un imponente ripristino vegetazionale sul nuovo profilo e all’interno dei campi dunali.

L’altra faccia della medaglia: riduzione delle spiagge libere e canoni per gli stabilimenti bassi

Se qualcosa sta cambiando nel nostro paese riguardo l’atteggiamento nella gestione delle spiagge, tuttavia il dossier di Legambiente denuncia anche problemi atavici nel sistema italiano. Innanzitutto l’erosione costiera che in Italia riguarda circa il 46% delle coste sabbiose. Un fenomeno che si sta accentuando a causa della crisi climatica. La spesa per combatterla, con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni, è di circa 100 milioni di euro l’anno ed è maggiore rispetto a quanto lo Stato incassa effettivamente dalle concessioni balneari (83milioni gli incassi effettivi su 115 milioni nel 2019, unici dati disponibili).

In pratica l’Italia pur avendo migliaia di chilometri di coste, non riesce a coprire le spese della loro salvaguardia con le concessioni. I canoni che si pagano per le concessioni balneari sono ovunque bassi, anche nelle località di turismo di lusso a fronte di guadagni milionari. Ad esempio, per le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, lo Stato nel 2020 ha incassato di 19mila euro l’anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno.

Inoltre, denuncia sempre Legambiente, in Italia trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione. A pesare su ciò, in prima battuta, è l’aumento esponenziale in tutte le regioni delle concessioni balneari che nel 2021 arrivano a quota 12.166 contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio, relativi al 2018, registrando un incremento del +12,5%.

Infine l’inquinamento: complessivamente in Italia il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sicilia e Campania la situazione peggiore con le due regioni del Sud che contano in totale circa 55 km su 87 km interdetti a livello nazionale.

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