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Acqua e salute, “kit di autodifesa” contro le bufale estive: il parere dell’esperto

Un tema particolarmente importante tutto l’anno, ma di “scottante” attualità in questi giorni, mentre l’afa raggiunge un picco e i termometri registrano nuovi record stagionali si moltiplicano gli appelli in tutela della salute. Ovunque si sottolinea come mantenere l’idratazione e bere tanti liquidi sia più che mai fondamentale. Ma le acque non sono tutte uguali: parola del dottor Alessandro Zanasi, direttore sanitario delle Terme di Cervia e direttore del Centro per la cura della tosse del Sismer di Bologna. Lo specialista smentisce alcune bufale legate all’idratazione e spiega a chiare lettere come, con qualche accorgimento in più, l’acqua possa diventare davvero nostra alleata: una serie di consigli che riguarda sia le acque potabili, per il consumo alimentare, che le acque termali.

“In estate soprattutto, ma anche tutto il resto dell’anno, bere almeno un litro e mezzo – due al giorno è da considerarsi il minimo sindacale. Ma quale acqua? Sgomberiamo intanto il campo da alcuni equivoci” spiega il dottor Zanasi. Punto primo: non è vero che le acque ricche di calcio farebbero venire i calcoli ai reni. “Questo tipo di acqua è stato inutilmente demonizzato. È importante assumere calcio, e l’acqua può apportare anche dal 30 al 50 % del fabbisogno giornaliero. Soprattutto chi, per vari motivi, non può consumare latticini, può integrare così la propria dieta”.

Punto secondo: le acque povere di sodio. “Potenza del marketing, con il quale sono riusciti ad imporre l’idea secondo cui sarebbe meglio bere acque con residuo fisso basso e iposodiche. È vero, la nostra dieta è in genere troppo salina, ma non è così che miglioriamo la situazione. Se necessario eliminiamo il panino al salame con i suoi 4 grammi di sale, ad esempio, e smettiamo di credere che pochi milligrammi di sodio disciolti in acqua possano fare la differenza”.

Allora cosa bere? Il direttore sanitario delle Terme ricorda come l’acqua dei nostri rubinetti sia garantita e generalmente di buona qualità, anche se – rimarca – “in Italia per legge deve essere trattata con cloro per mantenere le sue caratteristiche igieniche, dal momento che scorre nelle tubature: questo fatto può alterarne il sapore”. La composizione dell’acqua proveniente dall’acquedotto cambia periodicamente i suoi parametri – pur rimanendo ovviamente all’interno di precisi criteri – a seconda del luogo di approvvigionamento e del periodo dell’anno. “Ci sono controlli, è sicura, ma non ha etichette: se ho bisogno di sapere esattamente cosa sto bevendo devo rivolgermi alle acque in bottiglia, i cui valori sono ben specificati e si mantengono costanti nel tempo”.

E le acque termali? Qui si apre un nuovo capitolo, e occorre fare un fondamentale distinguo. “Finora abbiamo parlato di acque in bottiglia, che hanno virtù salutistiche. Con le acque termali facciamo un salto di qualità, dal momento che vengono definite senza mezzi termini terapeutiche. Per lungo tempo questa loro caratteristica non è stata sufficientemente ribadita, ma oggi la ricerca scientifica ha prodotto una mole di pubblicazioni tale che non ci sono più dubbi”. Non è un caso se il Ministero della Salute ha ufficialmente inserito i trattamenti con acque termali tra le prestazioni riconosciute dal SSN, con tanto di convenzione.

Esistono, in Italia, due tipi di acque, le sulfuree e le salsobromoiodiche. “Queste ultime, presenti nello stabilimento di Cervia, hanno molteplici usi” spiega il dottor Zanasi. “Dalle cure inalatorie per le faringiti, tonsilliti, laringiti, otiti e bronchiti, alla vasca termale o ai fanghi per l’artrosi, la riabilitazione motoria, il benessere dell’apparato genitale femminile, o i percorsi vascolari per le insufficienze venose o arteriose. Un altro capitolo importante riguarda la psoriasi: diminuiscono le ricadute e le riacutizzazioni, migliora lo stato generale e i pazienti possono permettersi di assumere meno farmaci, riducendo così gli effetti collaterali”.

Non solo, conclude il dottore: a trarne giovamento è anche il portafogli. “I pazienti risparmiano i costi di una terapia farmacologica, sicuramente più costosa, e d’altra parte ne beneficiano anche le casse dello Stato”.

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