News dal mare

Spedizione Oceanografica per la prima volta nei canyon sottomarini dell’Australia sudoccidentale

E’ iniziata domenica 26 gennaio, una spedizione oceanografica che esplorerà per la prima volta i canyon sottomarini che intagliano la piattaforma continentale dell’Australia sudoccidentale, quella parte del continente che si affaccia sull’Oceano Indiano. Questa missione si avvarrà della nave oceanografica “Falkor” dello Schmidt Ocean Institute e del team internazionale imbarcato faranno parte i ricercatori del CNR di Bologna, Marco Taviani, Federica Foglini e Alessandro Remia dell’Istituto di Scienze Marine e Paolo Montagna dell’Istituto di Scienze Polari, che svolgerà il ruolo di Co-capomissione insieme a Julie Trotter della University of Western Australia.

Questa campagna a mare fa seguito ad una spedizione analoga diretta da Malcom McCulloch cui parteciparono gli stessi Montagna e Taviani e che nel 2015 esplorò il Canyon di Perth, il cosiddetto Grand Canyon sommerso. L’imminente missione esaminerà mediante un robot sottomarino, il ROV (Remotely Operated Vehicle) SuBastian, i canyon Leeuwin, Bremer e Wilson fino ad una profondità di 4000 metri e completerà poi la studio del Canyon di Perth. “Questi canyon sottomarini- spiega Taviani- sono considerate strutture inattive, termine un pò improprio ma che identifica quei canyon sottomarini che non sono la prosecuzione a mare di incisioni fluviali recenti, a differenza della maggior parte di quelli noti”.

Peculiari condizioni oceanografiche caratterizzano questi canyon, quali fenomeni di upwelling e cioè di risalita di acque profonde fredde e ricche di nutrienti. “Nel caso dei canyon sottomarini in questione è acqua di profondità intermedia che si genera nella zona della Convergenza antartica che dopo un lunghissimo viaggio arriva a risalire queste valli sommerse australiane- informa Paolo Montagna dell’Istituto di Scienze Polari- queste acque polari portano con sè nutrienti che fertilizzano le acque superficiali dell’Australia sudoccidentale innescando così una prodigiosa catena alimentare che attrae balene e orche”.

Questi canyon inattivi custodiscono una vita marina sorprendente e soprattutto in gran parte ignota. La precedente missione nel Canyon di Perth e i cui risultati salienti sono stati pubblicati di recente sulla rivista Frontiers in marine Science ha rivelato infatti la presenza di rari coralli profondi, spugne silicee, molluschi e crostacei con diverse specie nuove per la Scienza fra i 300 e i 1800 metri di profondità . “La nuova missione certamente svelerà nuove forme di vita anche in questi canyon inesplorati”, dice il ricercatore del CNR di Bologna, Marco Taviani, “miglioreremo di molto la conoscenza della batimetria di questi ambienti profondi così poco conosciuti e degli habitat che li caratterizzano” aggiungono la ricercatrice del CNR di Bologna Federica Foglin e Alessandro Remia dell’Istituto di Scienze Marine, il cui ruolo sarà proprio quello della mappatura dei fondali ad alta definizione.

Canyon sottomarini inattivi abitati da straordinaria vita marina non sono un’esclusiva dell’Australia ed un esempio importante c’è anche in Mediterraneo, nel Golfo di Napoli. “Nelle acque buie e profonde del piccolo Canyon Anton Dohrn, a poche miglia nautiche al largo della popolosa città – segnalano i ricercatori del Cnr- alligna infatti una comunità fantastica di grandi ostriche centenarie e coralli bianchi che include specie coloniali come Madrepora oculata e solitarie quali Desmophyllum dianthus”.

Descritta pochi mesi fa sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Scientific Reports’ dallo stesso team scientifico dell’Ismar in collaborazione con studiosi del Politecnico delle Marche e dell’Università di Bari (https://doi.org/10.1038/s41598-019-39655-8). Al di là di questi affascinanti aspetti più propriamente biologici, uno degli obiettivi primari della spedizione australiana è di capire meglio le dinamiche climatiche che caratterizzano l’Antropocene e di ottenere dati utili a predire il futuro di un mare sempre più esposto agli effetti del riscaldamento globale e dell’acidificazione degli oceani.

“Lo studio geochimico dei coralli che preleveremo, primo fra tutti proprio il madreporario solitario Desmophyllum dianthus, permetterà di comprendere meglio i recenti cambiamenti climatici di origine antropica che stanno influenzando gli oceani profondi” assicura Paolo Montagna dell’Istituto di Scienze Polari. Inoltre, le analisi geochimiche degli scheletri carbonatici di questi coralli “consentiranno di determinare la vulnerabilità di questi organismi ai cambiamenti climatici futuri”. Com’è tradizione dello Schmidt Ocean Institute, anche questa nuova missione della Falkor potrà essere seguita ‘in direttà collegandosi al sito internet https://schmidtocean.org/cruise/coralandcanyonadventure/ che permetterà anche di interagire con il team scientifico di bordo della “Great Australian Deep-Sea Coral and Canyon Adventure”. 

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