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Pesca illegale dello sgombro, Norvegia e isole Faroer lanciano l’allarme

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Nel corso di una riunione europea, Norvegia e isole Faroer hanno condannato, in particolare, la decisione unilaterale di Reykjavik di aumentare la quota di pescato nelle acque internazionali del nord-est atlantico, puntando il dito contro Islanda, Russia e Groenlandia che hanno aumentato unilateralmente la cattura in acque internazionali, minacciando la sostenibilità della specie.

Le delegazioni sono profondamente rammaricate per la decisione dell’Islanda di aumentare unilateralmente le quote a livelli così alti, senza nemmeno consultare i suoi partner internazionali. Tale azione, senza alcuna giustificazione scientifica, sta minando gli sforzi di Ue, Norvegia e Isole Faroe di promuovere la sostenibilità della specie a lungo termine” si legge nel resoconto della riunione.

Nonostante la minaccia di sanzioni da parte dell’Ue, il governo islandese non intende fare marcia indietro. Il rispetto delle regole interessa in primis la Gran Bretagna, leader mondiale della pesca industriale di sgombro, un mercato da mezzo miliardo di sterline l’anno (circa 580 milioni di euro). La disputa sullo sgombro ricorda quella sul merluzzo che dagli anni 50′ agli anni 70′ ha messo a confronto Londra e Reykjavik. In base ad accordi internazionali ogni Stato è autorizzato a pescare solo il 10% del quantitativo di sgombro in acque non territoriali.

Oggi la quota dell’Islanda raggiunge il 60% delle sue catture. Inoltre, secondo il Comitato per l’esplorazione del mare, per tutelare la specie, la quantità totale del pescato di sgombro – tra acque territoriali ed internazionali – non deve superare 1 milione di tonnellate. Sulla carta il rispetto di questi due parametri è sottoposto al controllo della Commissione Pesca del Nord-est atlantico (Neafc), costituita da Ue, Norvegia, Islanda, Russia e Danimarca in rappresentanza delle isole Faroe e della Groenlandia.

“L’attività di pesca in acque internazionali sta crescente in modo allarmante e mette a grave rischio una enorme riserva di pesce” ha commentato Charles Clover, direttore dell’organizzazione Blue Marine Foundation per la pesca sostenibile. “La decisione di questi tre paesi provoca una distribuzione iniqua del fardello che invece dovrebbe essere condiviso da tutti” ha sottolineato Clover.

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