Sport

Francisco Porcella in gara al Tow Surfing Challenge di Nazaré

Francisco Porcella è stato l’unico italiano in gara a Nazaré, in Portogallo, a partecipare al Big Wave Tow Sufing Challenge.

Il contest organizzato dalla World Surf League con un format particolare in cui gli specialisti delle grandi onde gareggiavano a coppie.

«Faccio Big Wave Surfing dal 2006», spiega il surfista italiano Francisco Porcella, 33 anni, cagliaritano.

«Surfare grandi onde a livello professionale mi ha permesso di girare il mondo, conoscere e studiare le caratteristiche dell’oceano.

Dietro lo spettacolo c’è un duro lavoro. Solo così ci si prepara a cavalcare l’onda perfetta».

Come quella alta 22 metri che nel 2017 gli valse il Big Wave Award: il “premio Oscar” del surf estremo.

«Quest’anno a Nazaré è stato un successo mondiale, c’erano circa 10 mila persone presenti all’evento.

Ho molto apprezzato il supporto degli italiani, tutti esaltati nel vedere l’unico atleta del loro Paese surfare onde così grandi».

Secondo Porcella, tra l’altro, il Tow Challenge di questa edizione ha ulteriormente alzato il livello: «Non si tratta più “solo” di cavalcare l’onda e cercare di sopravvivere.

Ho iniziato a inserire alcuni trick, delle curve sulla pancia dell’onda.

In questo modo la discesa risulta più tecnica, ma naturalmente anche più difficile».

Il Big Wave Tow Surfing Challenge portoghese ha rappresentato una delle tappe più importanti per stabilire il livello degli atleti di Big Wave Surfing (la disciplina variante del classico surf, dove l’atleta si impegna a cavalcare le onde tra le più alte e complesse del mondo).

Il Tow Surfing Challenge è anche un format di gara impegnativo e articolato: la natura stessa della competizione, infatti, non prevede date prestabilite: tutto dipende dalle perturbazioni, dalle mareggiate e dalle condizioni meteorologiche che devono essere ideali.

«Noi atleti, insieme al team della Wsl, monitoriamo in modo costante le condizioni», prosegue Francisco Porcella, padre cagliaritano e mamma di New York (Manhattan), dove il nostro surfista è nato.

«Abbiamo quattro mesi per svolgere la gara. Durante questo periodo di tempo, cerchiamo di individuare la mareggiata perfetta.

A quel punto stabiliamo la data della gara con quattro giorni d’anticipo in modo di permettere a tutti i partecipanti, provenienti da ogni parte nel mondo, di recarsi in tempo sullo spot».

Negli anni la World Surf League, l’ente organizzativo dell’evento, ha modificato il format del Challenge: «Per il 2020, oltre all’inserimento della moto d’acqua per trainare il rider sul picco dell’onda, c’è stata la novità della formazione di dieci squadre composte da due surfisti ciascuna.

Io ho fatto parte del Team Europa insieme al surfista portoghese Nic von Rupp.

Abbiamo fatto un ottimo lavoro con l’onda di Nazaré, tra le più grandi e potenti al mondo».

La scelta di questa località portoghese ha motivazioni precise ed è dovuta in parte alla conformazione tipica e rara del fondale di quella zona.

«Questo spot è caratterizzato da un grande canyon sottomarino responsabile dell’effetto imbuto che incanala tutta l’energia dell’Oceano Atlantico, provocando queste enormi montagne d’acqua».

Ad ammirarlo da fuori lo spettacolo della natura fa venire i brividi: «È vero, e la paura non manca.

Noi atleti però siamo preparati ad affrontare situazioni estreme, è il nostro lavoro, ci alleniamo molto duramente tutto l’anno per essere pronti a cavalcare onde simili.

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