Un’amicizia trentennale, una passione comune: quella per la vela. Intervista a Giuseppe Giunchiglia, amico di Checco Bruni, “un ragazzo di Mondello semplice, appassionato, dalla spontaneità micidiale”
di Davide Gambardella
Il sogno che aveva fin da ragazzino lo ha realizzato, riuscendo a diventare uno dei top player mondiali della vela. Trent’anni fa, da un gommone nelle acque delle Eolie, fantasticava con il suo amico guardando da lontano le barche a vela ormeggiate in un porticciolo. “La prossima volta vinco una gara e coi soldi del premio ne compriamo una…”, gli promise. E quella barca, l’anno dopo, la comprò per davvero: vinse una Mercedes messa in palio come premio ad una regata a Montecarlo, la vendette e coi soldi acquistò una X 402 che portò nella sua Palermo. È l’aneddoto che secondo Giuseppe Giunchiglia, presidente del Circolo Velico Sferracavallo e amico da trent’anni del timoniere di Luna Rossa, meglio tratteggia la figura di Francesco Bruni, semplicemente Checco per gli amici di Mondello e per tutti quelli che lo seguono in queste finali di Prada Cup. Ma ce ne sono altri, che vengono fuori pian piano durante la piacevole telefonata.
Bruni, Giunchiglia e quel patto fraterno che dura da trent’anni
Quella tra il velista e l’affermato oculista è un’amicizia in cui condividono “tutto ciò che è in acqua”, racconta. Il primo, della vela ne ha fatto una ragione di vita. “Mentre io l’ho seguito anni dopo – aggiunge Giunchiglia – avvicinandomi sempre di più negli ultimi tempi allo sport”.
Quasi un patto fraterno, quello stretto tra i due, che li ha portati a sviluppare passioni comuni, come la nascita del Circolo Velico Sferracavallo, oltre a legami famigliari. Checco è infatti il padrino di una delle due figlie dell’oculista di Palermo, entrambe giovani e promettenti veliste nella classe 49er Fx. “Spero prendano esempio da lui”, dice Giunchiglia.
La storia di Checco Bruni è quella di un “ragazzo normale”, innamorato del suo lavoro, della sua famiglia e della sua terra. Classe 1973, palermitano di Mondello, viene descritto come una persona “dalla spontaneità micidiale”, che avrebbe potuto scegliere di vivere alle Bermuda, oppure in Australia, e che invece non ha mai voluto lasciare la Sicilia. Quella frase detta ai microfoni a bruciapelo, a conclusione della quarta regata della finale di Prada Cup con gli inglesi di Ineos (“Forza Palermo!”), non ha sorpreso più di tanto Giunchiglia.
“Forse la deluderò, ma non mi ha fatto quasi nessun effetto sentirglielo dire. Le spiego: il mio rapporto con Checco è talmente stretto che può sorprendere chi non lo conosce, ma non di certo me. In questi anni avrebbe potuto mettere radici ovunque, per via del suo lavoro, ma è sempre tornato a Palermo. E questo per me è un altro aspetto che sintetizza il suo carattere”.
Un uomo di passione per il mare, che vive per il suo lavoro. “Beh, certo, il talento gliel’ha donato il buon Dio, ma tutto il resto ce l’ha messo lui”. L’anno scorso, al mondiale Moth di Perth, in Australia, Giunchiglia era con Bruni, e racconta che erano i primi ad arrivare sul campo barca e gli ultimi a lasciarlo. “Provava materiali, foil e quant’altro: lo faceva per ore. È un perfezionista. Uno di quelli iperattenti ai particolari. Ci conosciamo da trent’anni, ed è sempre stato così, appassionato a quello che fa”.
Checco Bruni sul sito ufficiale di Luna Rossa, viene descritto come “uno dei velisti italiani in attività più completi, eclettici e titolati”: trent’anni di carriera sportiva, lunga quanto l’amicizia con Giunchiglia, in cui ha vinto 7 titoli Mondiali, 5 Europei e 15 Nazionali in varie classi, dal Laser all’altura, dalla Star al 49er ed è stato primo nel ranking mondiale ISAF di Match Race nel 2011. Ha partecipato a tre olimpiadi ed è vicecampione del mondo nella classe Moth. Un palmares dietro cui c’è un grande uomo che ama coltivare la sua campagna ad Alia, in provincia di Palermo, e soprattutto una grande donna, la sua Novella, madre dei suoi figli. “Ama la sua famiglia, la sua semplicità. Perché sì, Checco è un ragazzo semplice. Un campione, un uomo, di cui si apprezza la genuinità”.
Bruni e Giunchiglia, scrivevamo, avevano un patto fraterno: condividere tutto ciò che è in mare, come in una società. E come per le società in cui il più delle volte sono le scommesse a vincere, i due mettono insieme altri appassionati siciliani di buona volontà ed aprono un circolo velico a Sferracavallo. Ed è qualcosa di rivoluzionario. “Qui, tranne una piccolissima parentesi di trent’anni fa, non c’è mai stato nulla” ricorda Giunchiglia. “Questa borgata l’amiamo come Checco ama Mondello, luogo dove è cresciuto. Abbiamo scelto questa località perché volevamo dare un taglio molto sportivo e professionale al circolo, e poi per le derive di Palermo è un valore aggiunto. Qui le condizioni di vento sono migliori. E poi, oltre a poter uscire da un porticciolo con tutte le condizioni meteo marine, abbiamo una sede che offre di tutto”.
Insomma, Sferracavallo è l’optimum per un velista, sintetizza il suo presidente. E lo sanno bene gli atleti della Repubblica Ceca che vi soggiornano in questi giorni, a meno di un mese dalla sua inaugurazione ufficiale. “Qui i velisti dormono, vanno in barca, mangiano del buon cibo e fanno lezioni. Sono nel paradiso della vela. E tutto questo lo abbiamo fortemente voluto Bruni, io e gli altri soci. Checco dà un valore aggiunto all’operazione, naturalmente, sia per prestigio sia per visibilità. Lo considero un regalo che ha voluto fare alla sua terra. Con un circolo di vela, con la fedeltà dimostrata in questi anni, ha espresso l’amore che prova per la sua gente”.
I marinai sono scaramantici, si sa. E pure Bruni lo è, anche se in forma di gran lunga ridotta rispetto ai suoi colleghi. Quando invita alla calma, spiegando che le finali di Prada Cup sono imprevedibili e la sfida con gli inglesi di Ineos è ancora tutta aperta, non lo fa per motivi superstiziosi.
Il timoniere di Luna Rossa sa che con la sua squadra ha dimostrato di essere davvero avanti, nelle quattro finali vinte su quattro di quelle già disputate in Prada Cup, ma in acqua tutto può accadere. Ne è convinto anche Giunchiglia, che però si lascia andare e racconta un gustosissimo aneddoto. “Nel dicembre del 1999 eravamo a Sidney, e lui partecipò per la prima volta ai mondiali dei 18 piedi. Lui, neofita della classe, si trovò in una regata molto seguita in Australia: su quei barconi c’era chi scommetteva in tempo reale il passaggio di boa, o un risultato. Sembrava qualcosa di molto banale. Così gli dissi: ‘Checco, punto cento dollari su di te!’. E lui rispose: ‘No, amico mio, non lo fare che porta male!’ Morale della favola? Lui vinse la regata ed io persi circa duemila dollari australiani…”.
Giornalista professionista, editor e direttore responsabile di NonsoloNautica.it. Ama il mare in tutte le stagioni e ne respira il suo profumo a pieni polmoni.