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Concessioni demaniali delle Spiagge, l’SOS della Sardegna

L’indotto conta più di novecento stabilimenti balneari e settemila esercizi in riva al mare 

Per poter continuare a lavorare serve che vengano emanati i provvedimenti amministrativi che rendano operativa la proroga delle concessioni sino al 2033. Non solo, vanno redatte le linee guida che consentano alle attività di non rimanere piccole, ma di adeguarsi alle esigenze della clientela. E servono nuove regole sull’erosione dei litorali che ogni anno porta via pezzi di concessione, di conseguenza meno incassi e posto di lavoro.

Sos lanciati dal sindacato italiano balneari, durante i lavori a Cagliari “Fipe Day”, l’evento organizzato da Confcommercio Sud Sardegna, che ha dedicato un’intera giornata alla federazione italiana pubblici esercizi insieme al presidente nazionale del Sib, Antonio Capacchione, il vicepresidente Fipe Maurizio Pasca, gli assessori regionali all’Ambiente e Turismo, Gianni Lampis e Gianni Chessa, la Capitaneria di Porto, la GdF e i sindaci della costa.

Il presidente regionale di Confcommercio e vice nazionale Sib Alberto Bertolotti ha rivolto un appello alla nuova Giunta regionale: “L’esecutivo deve battersi affinchè le imprese balneari non siano considerati mera questione urbanistica, ma aziende turistiche. Le linee guida costringono gli enti locali a emanare restrizioni sulle concessioni impedendo alle attività di ampliarsi e di rispondere alle nuove e mutate richiesta della società per la fruizione dei servizi”.

Nell’Isola, secondo i dati del Sib, il lavoro sul mare da’ occupazione a 1500 persone, più 3mila stagionali con un fatturato medio per azienda di circa 200mila euro. “Dobbiamo recepire le esigenze degli operatori e dare regole certe – ha detto Chessa – L’erosione del coste? Bisogna anche sapere adattare le leggi a cambiamenti di questa portata prevedendo modifiche ad esempio sulla lunghezza delle concessioni: un ombrellone in meno significa meno guadagno e meno lavoro”. Lampis ha citato come possibile modello l’Area marina protetta di Tavolara. “Vale 535 milioni: c’e’ stata la capacità di condividere un modello di sviluppo con comunità locali e imprenditori”.

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